Perché, tu credi solo a quello che vedi? Ti sembra normale. Ma quello che vedi è quello che scegli,
tu prendi gli oggetti della tua vita come raccogliere da una tavola le cose che scegli per te, che ti appaiono le uniche vere e reali.
Il mondo è molto di piu’ e diverso, non lo puoi raccogliere tutto. Rileggiti quel libro di MacCormack.
Il mondo è un mistero e quello che hai ritagliato sono solo le figurine con cui giocavamo da bambini.
C’è molto di piu’.
Sono seduta nell’ambulatorio e sento ululare dalla stanza vicina. Non sembra neanche umano, ma ho già sentito questo urlo, una volta in ospedale. So che significa dolore indicibile. Mi vengono i brividi a ricordare, non voglio.
Sono spaventata. Tra due persone tocca a me.
Inutile che l’infermiera parli a vanvera dei fatti suoi, è una cretina. Lo verifico meglio piu’ tardi, quando la sbatterò fuori dalla camera di tortura.
Esce una anziana signora. Sorride è pallida che fa tenerezza, è ancora sotto choc. Sta seduta un po’, fatto tanto male signora? L’ho sentita urlare.
Oh tanto, tanto dice lei. Sono venuta qui perchè non potevo muovere la gamba, camminare non mi era possibile .
Non voglio sapere di piu’, le sorrido, voglio concentrarmi. Esco in strada a fumare una sigaretta.
Si apre la porta, esce lei. Ah una sigaretta ci vuole proprio, mi dice stupendomi, aah. Le accendo, ha l’aria serena, aperta. Verranno a prendermi, mi dice, ma adesso, qui , in che direzione è il centro? Ho proprio voglia di fare due passi, è da quest’inverno che non cammino!
Forse sarei piu’ credibile se ti raccontassi del fratello di Ettore Scola, quello che da quattro anni non poteva piu’ muovere la mano. Ma chi di noi lo sapeva? Seduto lì dopo il trattamento, sfarfalleggia la sua mano nell’aria, tamburella le dita nell’aria, è felice, puo’ tornare a vivere al mare, che glielo avevano proibito per l’umidità.
Non vuole andare via, vuole vedere ancora “lui”, vuole ringraziarlo, prima non poteva, prima urlava e piangeva.
Ma anche questo è solo un raccontoda sentire, per capire ci vuole l’esperienza.
A me piace di piu’ la signora che vuole vedere le vetrine. Ma ormai tocca a me. Lui viene fuori, è un uomo grande, 72 anni. Lo vedo tutto bianco, oltre al camice. Lo prendo così, mistico, e lui mi prende per la mano e mi fa sdraiare su un lettino solido e basso, non quello delle depilazioni e degli ambulatori, un letto con materasso che ci puoi dormire.
Ma non oggi. Mi chiede, cosa c’è.
Dovrei dirgli così: non riesco piu’ a spostare il braccio indietro. Mi viene un dolore intenso, che non se ne va se fermo il gesto.Dura a lungo e mi fa venire da piangere. Temo che venga dal collo, dalle spalle, dalla cervicale che è da sempre stato il mio problema. Adesso comincia a farmi un po’ male anche l’altro braccio, poco ma sento che avanza.
Questo dovrei dire. Invece gli dico, l’anno scorso Kobi ha avuto una grande operazione alla testa, 8 ore di intervento, ho avuto tanta paura che morisse.
Eh capita, sì, mi dice lui facendomi una carezzina sulla testa.
Sono pronta per qualsiasi cosa. Gli dico, vengo per essere liberata.
Mi mette il braccio dietro la schiena, penso che gli rimarrà in mano e che se lo tenga pure, mi appoggia un dito sul collo, lui spinge io urlo, lui spinge io piango.
Mia madre ( ohè Cocca, ma tu sempre qui con me? Sì, eh?) una volta che andavo dal dentista di cui ho orrore mi ha consigliato di ascoltare il dolore, per vedere che limiti abbiamo, io e lui, quanto forte e dove va, e come sono io con lui. Lo faccio. Mi guardo lì sul lettino, andiamo alla grande. Mi gira la testa, sei svenuta? mi chiede questo uomo grande. No, ma tu vedi dentro, gli chiedo io. Mi sorride, mi dice, io sono un macchinario un po’ industriale, vado lì dove hai male, non so perché, ma è così, ti passerà vedrai. Fa ancora tanto male? Meno. È il confronto con prima che ti fa andare avanti.
Che occhio rosso, mi dice, cosa hai fatto. Ma non lo vuole sapere. Mi appoggia il suo braccio sul sopracciglio e mette un dito tra i miei capelli. Questo, dice Kobi, lui mi ha fatto. Ma solo perché guardava. Se l’avesse fatto a lui, avrebbe saputo che mi ha infilato un tondino di ferro rovente nella testa, in profondità, e mille aghi incandescenti nell’occhio. Mi sono sentita urlare pietà! Pietà non resisto. E’ durato tanto, ho tentato di ingannarlo,
quando mi ha chiesto se il dolore era diminuito ho detto sì, così mi lasciava andare. Ma non era vero, veramente non ce la facevo piu’, sprofondava il suo braccio nella fronte,dentro la testa era il suo dito di fuoco, anche se Kobi non lo vedeva.
Si è messo a fischiare piano, gli ho detto questa canzone mio papà la suonava al violino, tornerai. Tornerai da me perchè l’ultimo amore sei tu, del mio cuore, tornerai perché senza il tuo …viso Pallido? Non so star.
Sento sempre in me una voce che dice tremando amor. Tornerai ..
E’ finito. Mi fa sedere e mi metto a piangere, tanto, a singhiozzi, a lungo. Mi sento liberata. Mi lascia fare.
Posso piangere ancora mezzora? Sì.
Ah, il sangue è andato via dall’occhio, è andato via.
Mentre mi asciugo la faccia con le mani, vedo sul muro dei diplomi con scritto – vedo senza occhiali? Sì,
siamo lì appunto perché ha guarito una donna dalla cecità di un occhio, pardon, non l’avevo detto- scritto “medicina cinese”
eccetera.
Mi chiede con affetto come va, come sto.
Alzo il braccio e gli faccio fare il giro del mondo, opllllà, mi sorride, sempre, ancora una carezzina sui capelli,
mi dice, tra quattro o cinque giorni andrà meglio vedrai.
Capisco il fratello di Scola, che non voleva andare via. Quando nel dolore con le lagrime gli ho detto, mi sono sentita sola, e con quante parole avrei voluto dire la mia angoscia, lui mi ha risposto, non siamo mai soli.
E io che sono piena con i miei angeli custodi – che, ragazzi, sono due, sempre e non uno solo come molti
erroneamente credono – e anche con la mia famiglia che appunto è la mia ed è dentro e intorno a me,
gli ho detto rantolando, io prego la Madonna, perché ho piu’ confidenza. Eh già, ha detto lui. E io, Lui cerco di non disturbarlo a meno che sia grave, mi vergogno. Sì sì, ha detto lui, mentre mi faceva così tanto male.
Ci sono i miracoli. Fate bene a non crederci, così quando ve ne capiterà uno di quelli grossi, ve lo godrete di piu’.
Solo, non esagerate col cortisone frattempo. Non è così utile.
Ah, e vicino a questo posto, a Pavia, c’è il negozio di Vigoni, quello della famosa torta Paradiso..quando, girando
con la macchina per posteggiare ( davanti) l’ho visto, ho capito subito che sarebbe andato tutto bene.
E se sto qui a farla lunga, è perché voglio condividere questo viaggio, mi capite ? dirvi ancora che il braccio il collo non fanno piu’ male, e che l’emorragia all’occhio, che l’oculisto chiamava emorragiòla, è sparita, andata via, pfuff!
E l’occhio non è giallo come mi aveva promesso, è bianco, uguale all’altro, che se la cavava. L’oculisto dei miei stivali.
Con tanti cari, cari saluti.
m
6:20:49 PM
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